Dalle origini ai giorni nostri

Origini

Il treno e la ferrovia erano arrivati da pochi anni in Italia (1849: ferrovia Napoli-Portici), quando, nelle aree alifana, caiatina e napoletana, si avvertì l'esigenza della costruzione di una linea ferroviaria che collegasse Napoli con Piedimonte d'Alife (oggi Piedimonte Matese) ed i più importanti comuni di queste aree geografiche. Si arriverà, però, al 1888, prima di veder compiere un piccolo passo in avanti. Il comune di Caiazzo, infatti, si fece portavoce della necessità della costruzione della ferrovia ed a tale richiesta si unirono, successivamente anche altri comuni, tra i quali Marano. È il 27 marzo 1900 quando venne accordata la concessione alla "Societé Anonyme des Tramway et des Chemins de Fer du Centre" per la costruzione e l'esercizio della linea ferroviaria Napoli - Piedimonte d'Alife. Prima che cominciassero i lavori, però, la concessione venne ceduta, nel 1905, alla "Compagnie des Chemins de fer du Midi et d'Italie" (CFMI), con sede a Parigi.
Finalmente si passa dalle parole e dalla burocrazia, ai fatti. Il progetto approvato prevedeva la costruzione di una ferrovia a singolo binario, con scartamento di 950 mm, in due grossi tronchi con diversa trazione:

Il binario era costituito da rotaie giuntate da 22 Kg/m, lunghezza 36 m, su traversine in legno. Il raggio minimo delle curve era di soli 80 m, mentre le pendenze arrivavano a sfiorare il 4% (3,967% tra il Km 54+518 ed il Km 54+858, poco prima di Caiazzo).
Il 30 marzo 1913 nasce ufficialmente la Ferrovia Alifana che prende il nome dalla stazione capolinea Piedimonte d'Alife (oggi Piedimonte Matese), con la partenza del primo treno sulla 1ª tratta realizzata. Il 31 dicembre dello stesso anno fu inaugurata la tratta Biforcazione-Caiazzo di km 15+843 ed infine il 5 ottobre fu la volta dell'ultimo tronco, Caiazzo-Piedimonte d'Alife, di km 22+618.
Sulla tratta elettrificata, che attraversava importanti comuni del casertano e del napoletano, si svolgeva un intenso traffico viaggiatori con treni a cadenza oraria in entrambe le direzioni, mentre sulla tratta a vapore, il servizio passeggeri era assicurato da tre coppie di treni che, dopo qualche anno, divennero quattro, con l'aggiunta di un "misto" (passeggeri-merci).
Il 14 aprile 1923, l'esercizio passò ad una Gestione Commissariale Governativa e nei vent'anni successivi, la linea conobbe un periodo di vita tranquilla senza particolari intoppi fino allo scoppio della II Guerra Mondiale.

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Durante la guerra

La linea ferroviaria si rivelò di importanza strategica per le truppe alleate che risalivano l'Italia e per i Tedeschi in ritirata. Basti pensare che furono distrutti quasi tutti i suoi ponti, fra i quali quello in ferro che superava il Volturno, durante i terribili giorni della battaglia che vide il fiume campano teatro di sanguinosi combattimenti (cfr. Audie Murphy: "All'inferno e ritorno" cap.III) e la città di Caserta duramente bombardata (benché oggi in città pochissimi si ricordino). Anche la tratta elettrificata subì danni sensibili all'infrastruttura ed al materiale rotabile.

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Dopoguerra

Al termine del conflitto fu ripristinata solo la tratta bassa, ma fino alla stazione di S.Andrea dei Lagni dov'erano presenti il deposito e l'officina. La tratta alta, invece, fu lasciata al suo destino, dopo un gioco fatto di progetti ed illusorie speranze che non portarono a nulla, causati dalla burocrazia che, sotto forma di Enti diversi, rimandava di anno in anno l'approvazione ed il finanziamento per la ricostruzione della nuova linea. La tratta Biforcazione-Capua restò in servizio per pochi anni dopo la guerra, servita da treni con trazione a vapore, ma data la scarsità di passeggeri ed i tempi di percorrenza, fu ben presto chiusa e disarmata. Finalmente, nel 1954, dopo aver risolto problemi burocratici, la concessione tornò alla CFMI nella previsione della ricostruzione della tratta da S.Maria C.V. a Piedimonte Matese con scartamento ordinario.
Nel 1955, il Comune di Napoli, dato l'enorme aumento del traffico veicolare in Piazza Carlo III, chiese ed ottenne che il capolinea fosse spostato alla stazione di Napoli Scalo.
Nel 1957, finalmente, il Ministero dei Trasporti, concludeva che "la ferrovia Santa Maria Capua Vetere-Piedimonte Matese era meritevole di ammodernamento". Fu così approvato un progetto che prevedeva la costruzione di una ferrovia a scartamento ordinario e trazione Diesel, invece che elettrica come chiedeva la CFMI. Si vennero a creare due tronchi distinti e separati: la tratta Napoli-S.Maria/S.Andrea a trazione elettrica ad 11 kVca a scartamento ridotto e la tratta S.Maria-Piedimonte a scartamento ordinario e trazione Diesel. Da quel momento le due tratte hanno avuto vita e sviluppo diversi.

Anni Sessanta/Settanta

Il 5 aprile 1963 viene inaugurata la nuova tratta S.Maria C.V.-Piedimonte Matese. La nuova linea, ricostruita in parte sul vecchio tracciato, presenta, oltre allo scartamento ordinario, anche raggi di curvatura più larghi (massimo 300 m) e livellette più agevoli (massimo 25‰). Vengono anche costruiti un nuovo ponte in metallo sul fiume Volturno e tutte le stazioni, non essendo le vecchie, più esistenti perché vendute o abbattute, o perché non più idonee al nuovo servizio. Un nuovo raccordo con la linea FS, permetteva di raggiungere Napoli, utilizzando la linea ferroviaria Napoli-Cassino.
Per il nuovo servizio passeggeri, vengono ordinate alla OM, cinque nuove automotrici ALn880 e quattro rimorchiate Ln774, in tutto e per tutto analoghe alle ALn773 e Ln664 (le ALn880 ed Ln774 differiscono dalle ALn773 e dalle Ln664, per l'aumento dei posti, rispettivamente, da 73 ad 80 per le automotrici e da 64 a 74 per le rimorchiate). Per il traffico merci e per le manovre in stazione, furono ordinate due locomotive da manovra analoghe alle D235 delle FS.
All'inizio degli anni Settanta, il capolinea fu ulteriormente arretrato alla stazione di Secondigliano, mentre lo scalo merci di Via Don Bosco, divenne un parcheggio per auto.
La vita operativa delle due linee ormai non più interconnesse, si svolse tranquilla fino al 20 febbraio 1976, quando la tratta bassa venne "temporaneamente" chiusa, per lavori di ammodernamento, peraltro mai iniziati se non nel 2004.
Nel 1978, la concessione venne rilevata da una nuova società, la "Tranvie Provinciali Napoletane" (TPN) che, nello stesso anno, cambiò la ragione sociale in "Consorzio Trasporti Pubblici" di Napoli (CTP). Uno dei primi interventi della nuova gestione, fu l'acquisto di tre automotrici usate e relative rimorchiate, dalla WLE (Westfalische Landes-Eisenbahn), vere e proprie "ciofeche" del binario, tanto che furono ben presto accantonate e demolite. Per coprire il vuoto lasciato da questi rotabili ed in attesa dell'approvvigionamento di nuove automotrici FIAT, furono noleggiate dalle FS, delle ALn556 Breda (ebbene si, anche questi rotabili storici hanno viaggiato sulla nostra linea!) a fine carriera operativa, provenienti dal DL di Benevento.

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Dagli anni Ottanta ad oggi

Tra la fine del 1981 e gli inizi del 1982, giunsero sulla linea, cinque ALn668 appositamente costruite, corrispondenti alla serie 3000, con caratteristiche di potenza e velocità adatte alle caratteristiche della linea.
In data 16 giugno 1986, venne revocata la concessione alla CTP e da allora la linea è in Gestione Commissariale Governativa. Nel frattempo, la ferrovia ha visto un brusco calo del traffico merci, tanto che una delle locomotive di manovra fu accantonata e destinata a fornire pezzi di ricambio all'altra unità ancora in funzione. In questo periodo ci sono state parecchie interruzioni del servizio per permettere la sostituzione completa dell'armamento di rotaie da 36 kg/m su traversine in legno, con il nuovo armamento da 50 kg/m su traversine bi-blocco in cemento armato precompresso, di brevetto Vagneux.
Nel 1988 un brutto incidente, costatato la vita ad un passeggero, vide come protagonista la ALn 880-I3 che fu ben presto accantonata. Alla fine del 1989, furono acquista due "nuove" locomotive da manovra dalla ditta Bulfone di Udine che le aveva importate in Italia. Si tratta delle BR211 002 e 005 del 1956, radiate dalle ferrovie tedesche. Dopo essere state completamente ricostruite nel 1989, dalla FERVET di Castelfranco Veneto, furono immesse in linea il 15 febbraio 1990 ed immatricolate I54 ed I55, quest'ultima è stata venduta nel 2000 alla ditta Leon d'Oro che a sua volta l'ha ceduta poi alla HUPAC. Nel 1990 fu furono acquistate anche tre ALn 773, già noleggiate e due nuove ALn 663 della FIAT. Nel 2000, l'Alifana ha subito un ulteriore ammodernamento tecnologico, consistente nella sostituzione della segnaletica semaforica ad ala, con la segnaletica luminosa, attivata il 15 novembre 2000, l'automazione di tutti i passaggi a livello, tranne che per quelli nei pressi delle stazioni di S.Angelo in Formis, Alife e Piedimonte Matese che restano manuali, azionati dalle rispettive stazioni e la sostituzione dell'impianto di blocco a leve e chiavi con l'ACEI nella stazione di S.Maria ed in tutte le stazioni della linea. Contemporaneamente è stata completata la palificazione con pali di tipo LS ed M sul 98% della linea, in attesa di ricevere l'elettrificazione.

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Futuro

Dopo anni di promesse, stanziamenti finanziari, progetti mai approvati e sospensioni dei lavori, finalmente nel 2003, grazie all'interessamento del Governatore Regionale Antonio Bassolino e dell'Assessore ai Trasporti Ennio Cascetta sono cominciati i lavori per la ricostruzione della tratta bassa dell'Alifana, in parte sul vecchio tracciato, ma con standard costruttivi moderni. Data l'enorme importanza che ha avuto questa linea negli anni passati e la fortissima densità abitativa dell'hinterland, il progetto approvato prevede la costruzione di una metropolitana regionale che, nell'area di Napoli, precisamente a Piscinola, si integrerà con la Metropolitana di Napoli. Le caratteristiche di progetto della nuova linea, sono quelli tipici di una metropolitana: trazione elettrica a 1500 V, scartamento normale (1435mm), doppio binario, ripetizione dei segnali in cabina e Controllo Automatico del Treno (ATC: Automatic Train Control). Malgrado i lavori siano iniziati praticamente subito, attualmente il tracciato o, meglio, il rilevato, è stato costruito da poco oltre la stazione "metropolitana" di Santa Maria Capua Vetere, fino all'altezza del bivio stradale dell'Asse di Supporto dove è previsto l'inizio dell'interramento della linea. Su questa parte di tracciato è completamente assente il binario, ma sono presenti gli scheletri in cemento armato delle fermate di Macerata Campania e Capo Spartimento, quest'ultima in viadotto poco prima del ponte che sorpassa la SS7ter, nei pressi del carcere di S. Maria Capua Vetere. In direzione Teverola-Aversa, invece, non è ancora presente alcunché e non si sa se i lavori siano mai stati appaltati. Dai lavori oggi in corso, si deduce che, almeno tra Aversa e S.Maria C.V. il binario sarà singolo anziché doppio.
Esiste un raccordo tra la linea in costruzione e la linea Napoli-Roma via Cassino della rete RFI. Questo raccordo è completo di binario dall'uscita della stazione fino quasi a congiungersi con la rete sociale dell'Alifana. Nei progetti iniziali, quando si era pensato di ricostruire la linea con la trazione FS a 3 kV=, questo raccordo avrebbe permesso di raggiungere direttamente Piedimonte Matese senza fare scalo a S. Maria C.V., costituendo finalmente quella linea diretta da Napoli a Piedimonte prevista già nei piani dell'inizio del XX secolo. Successivamente, anche per integrare il trasporto metropolitano di Napoli con la nuova rete Metro Regionale, fu deciso di alimentare la linea con i 1,5 kV= tant'è vero che le fermate della linea presentano il cosiddetto "marciapiede alto", cioè con piano di incarrozzamento a 1.000mm dal piano del ferro. Anche la stazione metropolitana di S. Maria, costituita da tre binari di corsa e uno di manovra, presenta questo marciapiede. Questo sistema ha tranciato di fatto l'utilità del raccordo. Da voci di deposito pare, però, che i vertici dell'Alifana vogliano ugualmente far fermare i treni regionali in questa stazione utilizzando il suddetto raccordo e costruendone un secondo che si riallacci alla rete RFI, apportando le dovute modifiche al marciapiede del primo binario della stazione Metro. Staremo a vedere. Attualmente è aperto al traffico il solo tratto Piscinola-Aversa Centro. Da Piscinola, dove è possibile l'interscambio con la linea M1 della metropolitana di Napoli, la linea avrebbe dovuto proseguire interrata fino alla stazione di Napoli-Garibaldi, ripercorrendo sottoterra il tracciato dell'antica Alifana. I lavori, iniziati dall'Alifana con fondi europei e regionali, furono sospesi per mancanza di fondi. Da qualche anno, si è fatto carico dell'ultimazione della linea, la società Metropolitana di Napoli. Attualmente la linea è in avanzata fase di costruzione. La tratta dovrebbe essere aperta intorno al 2018, mentre le restanti stazioni/fermate, vedranno un'apertura più avanzata nel tempo.
I rotabili previsti per questa linea metropolitana regionale, sono gli stessi della Metropolitana di Napoli, in modo da avere un'economicità di utilizzo e la possibilità di utilizzare un unico tipo di convoglio per tutte le tratte metropolitane. In vista dell'attivazione della linea metropolitana secondo il progetto precedente e dell'elettrificazione dell'intera linea, nel 1998 fu acquistato, grazie ad una legge del 1986, un elettrotreno con rimorchiata costruito dalla FIREMA (ex Officine Fiore) di Caserta. Si tratta dell'E 82B, elettrotreno analogo agli ET400 della SEPSA, che fu inviato al DL di Benevento della FBN che condivide la gestione con l'Alifana, per le prime prove in linea e lí è rimasto accantonato. La trazione del convoglio è a 3 kV, ma purtroppo non vedrà mai il servizio dato che il convoglio non è dotato delle apparecchiature necessarie all'ottenimento della certificazione alla circolazione sulla rete R.F.I. ("...apre i passaggi a livello...") e la modifica sarebbe troppo costosa. Una soluzione sarebbe stata quella di utilizzare il mezzo nella sola tratta interna, ma sarebbe assolutamente inutile e scomodo per i passeggeri. Trovandosi nell'assoluta impossibilità di utilizzare il treno, fu decisa la cessione alla SEPSA che lo ha inglobato nel suo parco mezzi, dopo un robusto revamping dovuto alle diverse specifiche dettate dall'Alifana all'atto della costruzione dei danni causati dalla prolungata inattività alle intemperie.

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